Leonardo a Milano: il ritorno del genio

Continua ad attirare file interminabili di turisti la mostra che Milano dedica a Leonardo Da Vinci.

È infatti in corso a Palazzo Reale, fino al 19 luglio, la più grande rassegna mai dedicata a Leonardo in italia.

Non è un caso se questa mostra si tiene a Milano che, oltre a essere quest’anno sede dell’EXPO, fu anche la casa del genio toscano per una ventina d’anni (dal 1482 al 1499 e poi ancora dal 1507 al 1513).

Il catalogo della mostra "Leonardo Da Vinci 1452 - 1519"
Il catalogo della mostra “Leonardo Da Vinci 1452 – 1519”

La mostra si intitola Leonardo 1452-1519 e prende come riferimenti le date di nascita e morte di Leonardo poiché non si tratta solo di un resoconto dei suoi anni milanesi (mostra peraltro già realizzata alcuni anni fa dalla National Gallery di Londra) ma, piuttosto, offre una visione il più possibile completa della sua vita, senza retorica e superflue celebrazioni ma che attraversa tutta la sua opera.

Sono in mostra prestiti dai più grandi musei del mondo, dalla Dama con l’ermellino da Cracovia  alla Belle Ferronnière dal Louvre che, insieme al Musico conservato alla Pinacoteca Ambrosiana, rappresentano i tre ritratti realizzati da Leonardo alla corte di Ludovico il Moro a Milano. I prestiti arrivano anche dall’Italia, naturalmente, dal San Gerolamo dei Musei Vaticani alla Madonna del gatto da Brera.

Per la prima volta sono riunite in un solo posto anche le sculture riconducibili a Leonardo, come il cavallo di bronzo di Budapest (che forse riflette il progetto per il mai realizzato monumento al maresciallo Gian Giacomo Trivulzio, figura del governo francese che si era insediato a Milano dopo avere scacciato gli Sforza) e l’angelo in terracotta del Louvre uscito dalla bottega del Verrocchio.

Poi, alcuni dei suoi codici originali, e oltre cento disegni autografi, insieme a un gran numero di opere d’arte come manoscritti, codici, incunaboli e cinquecentine.

I disegni sono un punto cardine di questa mostra che, non a caso, nel sottotitolo recita: “Il disegno del mondo”, alludendo alle aspirazioni di Leonardo di volere rappresentare, analizzare, capire e, possibilmente, mettere ordine nel mondo naturale prima di tutto attraverso il mezzo del “disegno” che, nelle sue mani, diventa anche strumento interpretativo dei processi osservati (dall’occhio) e intuiti (dalla mente).

Il lavoro di Leonardo non è comunque isolato ma viene contestualizzato, avvicinato a quello di altri grandi contemporanei, predecessori e seguaci come Filippino Lippi, Botticelli, Lorenzo di Credi, Perugino…

La mostra si articola in ben 12 sezioni: Il Disegno come fondamento; Natura e scienza della Pittura; Il Paragone delle Arti; Il Paragone con gli Antichi; Anatomia, fisiognomica e moti dell’animo; Invenzione e Meccanica; Il Sogno; Realtà e Utopia; L’unità del sapere; De coelo et mundo: immagini del divino; La diffusione e la fortuna: dai leonardeschi al Trattato della Pittura; Il Mito.

C’è davvero di che soddisfare ogni appetito leonardesco!

E per chi non potesse partecipare? Si potrà consolare con il meraviglioso catalogo che racchiude tutte le opere in mostra (alcune delle quali, peraltro, visibili solo per periodi limitati).

Sono sempre curioso circa il fascino eterno esercitato dalla figura di Leonardo: se anche voi lo provate, mi raccontate con un commento qui sotto qual è la cosa più intrigante che vi colpisce di quest’uomo?


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Massimo Polidoro

Scrittore, giornalista e Segretario del CICAP, è stato docente di Metodo scientifico e Psicologia dell’insolito all’Università di Milano-Bicocca. Allievo di James Randi, è Fellow del Center for Skeptical Inquiry (CSI) e autore di oltre 40 libri e centinaia di articoli pubblicati su Focus e altre testate. Rivelazioni e Il tesoro di Leonardo sono i suoi libri più recenti. Il suo primo thriller è Il passato è una bestia feroce. Si può seguire Massimo Polidoro anche su FacebookTwitterGoogle+ e attraverso la sua newsletter (che dà diritto a omaggi ed esclusive).


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3 risposte

  1. LA MOSTRA SU LEONARDO A PALAZZO REALE…UNA VERA DELUSIONE PER NOI LARIANI

    La mostra su Leonardo, tanto decantata come la più grande mostra mai fatta in Italia sul Vinciano è stata proprio una gran delusione.
    L’unica cosa utile e ben fatta è il catalogo nel quale sono presenti molte opere che in mostra non troviamo e vi si decanta una verità più scientifica.
    La mostra ha un allestimento vecchio, serioso che non attrae certamente i giovani o i non addetti ai lavori. Gli studenti e le scolaresche rischiano di addormentarsi se non trovano una guida sufficientemente dinamica e che sappia recitare bene la vita e gli aneddoti leonardeschi; come d’altra parte è stato fatto sulle audio guide dove si narra, in modo superficiale, la storia delle opere più che le caratteristiche delle stesse. Non parliamo poi dell’apparato didascalico che è povero e pieno di lacune; basti guardare i disegni: non ve ne è uno in cui sia riportato il numero o la sigla di riferimento del foglio di provenienza, nè se sia esso il recto o il verso.
    E’ una mostra che intende mostrare le abilità grafiche del Vinciano e la sua ricerca tecnico scientifica ma di fatto risulta essere incompleta anche sotto questo punto di vista.
    Ma la cosa più grave, a mio parere, è che questa mostra distrugge tutta quella scuola leonardesca lombarda che viene qui pressochè ignorata, o mal citata, limitandosi a mostrare soltanto pochissime opere di qualche suo allievo più diretto e forse anche le più brutte o meno significative. Che peccato, un’occasione come l’Expo poteva offrire un arricchimento su Leonardo e la sua scuola per valorizzare maggiormente il territorio.
    Il Prof. Marani, nella sua presentazione, a proposito degli unici due disegni di paesaggio presenti in mostra, il primo del 1473 e l’ultimo del diluvio del 1517/18, si limita a farci notare il radicale cambiamento di Leonardo nei confronti della natura nei 50 anni che separano i due disegni.
    La mostra è priva dei disegni e degli studi sul paesaggio che hanno ispirato opere di grande rilevanza come la Vergine delle rocce, la Sant’Anna, la Gioconda, la Madonna dei fusi, ecc…
    Non ne è presente neppure uno, perché? Dove sono gli studi delle nostre rocce, delle nostre montagne, del Resegone o delle Grigne?
    Si è voluto azzerare quella parte veramente importante di Leonardo che lo legava al nostro territorio, perché?
    Si è voluto con questa mostra, esaltare soltanto la milanesità di Leonardo appiattendo ogni riferimento col territorio, ignorando anche tutto il contorno di opere straordinarie della sua scuola che esistono nelle nostre province. Si è arrivati ad ignorare anche artisti di grande rilevanza come il Luini, che non è neppure presente in mostra. Una mostra che propone cinque opere pittoriche di Leonardo e per il resto una panoramica piuttosto scolastica dei disegni suddivisi per tematiche….che banalità. Per quanto riguarda la scultura non ne è presente neppure una, anche il cavallino ungherese lascia piuttosto perplessi.
    Povero Leonardo, avrebbe potuto diventare con questa mostra un figlio adottivo del nostro territorio e di quella natura che lui ha tanto amato e che è presente nelle sue opere più importanti; quella natura che lui diceva dovesse essere il vero motivo ispiratore per un artista, quella natura che lo ha fatto diventare il vero padre delle scienze naturali….ma dove è finita?
    In questa mostra è quasi del tutto ignorata.

    Prof. Ernesto Solari
    Studioso di Leonardo e del territorio Lariano

  2. Ho visitato la mostra di Leonardo a Milano. Due piccole osservazioni: la guida ha riferito che Leonardo, mancino, scriveva da destra a sinistra rovesciando le parole per “non macchiare il foglio” e per non far comprendere ad altri la sua scrittura. Evidentemente non sa che un mancino “puro” scrive e dipinge specularmente rispetto ad un destro (come già 110 anni fa documentò il prof. Baratta); in secondo luogo la “Belle Ferroniere” viene presentata come probabile ritratto di Lucrezia Crivelli ignorando gli stigmi sartoriali delle “cortigiane onesste” quale era la Crivelli, ed i sonetti del Tebaldeo che parlano (come anche una nota autogrfa di Leonardo) di un ritraatto prima angelicato poi trasformato in una pittura erotica.

    1. Grazie per il contributo, Sandro. In effetti, sul mancinismo di Leonardo è risaputo che non aveva “seconde” finalità. Ne abbiamo scritto anche qui: http://goo.gl/BYkwSm. Peccato che la guida che vi ha accompagnato non fosse informata.

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