Così
ho "letto il pensiero" a Giuliano Ferrara
A
proposito dell'importanza dell'improvvisazione nel mentalismo
Nel 1992, durante L'Istruttoria, una trasmissione di Italia 1, dovevo
dimostrare che servendosi di
trucchi è possibile
realizzare apparenti fenomeni paranormali. Così, tra le altre cose, chiesi
al conduttore, Giuliano Ferrara, di eseguire di nascosto
un disegno
su un
foglio: io avrei poi cercato di indovinarlo in diretta. Speravo di avere
la possibilità di mettere in pratica qualcuno dei tanti trucchi da prestigiatore,
ma Ferrara, lì su
due piedi, prese un foglio, fece rapidamente un disegno (e io non riuscii
a
osservare
i
movimenti della sua matita)
e poi
se lo mise in tasca. Non avevo la più pallida idea di come avrei
potuto scoprire di che disegno si trattava.
Poi mi venne un'idea.
«Mah!», esclamai come colto da un dubbio. «L'ha fatto a matita
il suo disegno?»
«Sì, perché?», rispose lui.
«No, niente... ma pensavo che forse quando poi lo farà vedere alla
telecamera non si vedrà granché bene».
Lui convenne che avevo ragione e si fece dare un pennarello nero: prese un altro
foglio e rifece il disegno; questa volta dal rumore del pennarello sulla carta
intuii che c'era un semicerchio e qualche altra linea retta, ma non avevo
ancora capito di che disegno si trattava e tra pochi minuti sarebbe cominciata
la trasmissione. Eravamo in diretta e se non avessi indovinato non avrei potuto
dire «va be', tagliate questa scena»: avrei proprio fatto una magra
figura. Poi, come capita a volte a certi sensitivi quando realizzano
un colpaccio, ebbi... fortuna. Ferrara piegò il disegno come aveva
fatto con l'altro e lo mise in tasca, poi TOLSE L'ALTRO DISEGNO DALLA TASCA,
LO
APPALLOTTOLO'
E LO GETTO' NEL CESTINO!
Quando si fu allontanato, con molta nonchalanche, lasciai cadere sbadatamente
le carte che avevo in mano e mi chinai per raccoglierle. Quando mi rialzai avevo
nascosto in mano anche il primo disegno di Ferrara. Mi ritirai nel camerino per
guardarlo: certo, c'era il rischio che la seconda volta Ferrara ne avesse fatto
uno diverso, ma quando lo vidi capii che aveva sicuramente ripetuto il disegno
che ora tenevo tra le mani: era una falce e un martello, il simbolo del Partito
Comunista, di cui all'epoca Ferrara si dichiarava ancora sostenitore.
Ma cosa sarebbe successo se non avessi avuto la fortuna di ritrovarmi tra le
mani una copia del disegno bersaglio? L'importante è non lasciarsi prendere
dal panico: avrei per esempio potuto fare come il sedicente sensitivo Uri Geller
nel
corso
di una trasmissione americana di qualche anno prima. Durante quel programma,
un
signore
si alzò improvvisamente
dal pubblico e disse: «Va bene, lei dice di poter indovinare un disegno
fatto di nascosto: ecco, ho qui una busta chiusa in cui è contenuto un
disegno che ho fatto io e che non conosce nessun altro. Lo indovini!»
Geller avrebbe potuto arrabbiarsi e lasciare offeso lo studio, o provare a indovinare
e sperare di andarci vicino; oppure, anche tentare, sbagliare e dire: «Ecco,
vedete: non sempre queste cose funzionano... se fosse un trucco, invece, funzionerebbe
sempre!». Invece, Geller sorrise al signore, gli disse che in effetti quella
era una prova che aveva fatto tante volte prima in condizioni di strettissimo
controllo: pensi, gli disse, che allo Stanford Research Institute furono preparate
ben 100 buste con dei disegni sigillati al loro interno (il fatto che non riuscì a
indovinarne nemmeno uno non venne menzionato). Sicuramente, dunque, prima della
fine del programma egli sarebbe stato felicissimo di provare a indovinare il
suo disegno. Ebbene, la trasmissione andò avanti, il tempo passò e
tutti si dimenticarono della busta del signore...
Massimo Polidoro
(Da:
L'illusione
del paranormale)
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