La vigna di Leonardo torna a fiorire

È una bellissima notizia quella che in questi giorni ha svelato il progetto di fare rinascere il vigneto di Leonardo Da Vinci. La vigna di Leonardo è un argomento che mi affascina da anni.

La Casa degli Atellani, al cui interno si trovava la vigna di Leonardo Da Vinci, in un disegno di Piero Portaluppi.

L’idea che sia sopravvissuta indenne fino agli anni ’20 del secolo scorso, infatti, mi è sempre sembrata straordinaria, come sa chiunque abbia letto il mio Il tesoro di Leonardo.

Sorgeva nel giardino della Casa degli Atellani, che si trova al numero 65 di Corso Magenta, a Milano, proprio di fronte a Santa Maria delle Grazie, nel cui refettorio Leonardo dipinse l’Ultima cena.

Era una casa che Ludovico il Moro, Signore di Milano e datore di lavoro di Leonardo, aveva fatto costruire alla fine del quattrocento come parte di un borgo residenziale destinato ai suoi fedeli cortigiani.

Quello che restava della vigna di Leonardo nel 1922, in una foto di Luca Beltrami poco prima che il giardino fosse rinnovato.

La vigna di Leonardo occupava 8320 metri quadri e si trovava nell’area in cui oggi sorge il giardino interno del palazzo. Era stato il Moro in persona, per ricompensarlo dei suoi alti servigi, a regalarla al Maestro con un atto datato 26 aprile 1499.

Leonardo vi rimase sempre molto legato, anche perché sperava che quel possedimento avrebbe potuto garantirgli la cittadinanza di Milano, e ne seguì le sorti con premura, nonostante le sue continue peregrinazioni.

Ne disegnò alcuni schizzi e la visitò nel 1508, dopo che gli era stata confiscata dal re di Francia in seguito alla caduta del Moro e poi restituita. Infine, nel testamento redatto il 23 aprile 1519, accanto alle sue opere più preziose e famose, Leonardo non si dimenticò della vigna, che lasciò metà ciascuno ai suoi più fedeli servitori, Giovan Batista de’ Vilanis e Salaj, che vi costruì anche la sua dimora.

Nei secoli che seguirono, nonostante le trasformazioni urbanistiche, la vigna rimase miracolosamente intatta. Lo storico dell’arte Luca Beltrami la visitò con stupore nel 1922 e la fotografò pochi istanti prima che fosse smantellata per i restauri previsti dall’architetto Piero Portaluppi.

Portaluppi volle preservare nel giardino «un rettangolo alberato dove ancora resiste, come sfida al tempo, una antica pergola di vite, il residuo della vigna vinciana». Fu poi un incendio scoppiato nello studio di un pittore a ridurre in cenere anche quel rettangolo di alberi e i bombardamenti del 1943 distrussero ciò che ne rimaneva.

Ma oggi, gli eredi della Casa degli Atellani e la Fondazione Portaluppi, hanno finanziato le ricerche per determinare il Dna della vigna originaria di Leonardo. Ne sono state trovate le tracce e il vitigno è stato individuato: si tratta della Malvasia di Candia, parente di quella di Creta, molto utilizzata nel ‘500.

Non si tratta solo di un dettaglio per intenditori, però, ma di un filo che può condurci a conoscere meglio com’era la Milano di Leonardo: nessun’altra moderna metropoli mondiale ha infatti nel proprio centro tracce documentate di un vigneto di quell’epoca lontana. E qui si tratta di un vigneto davvero speciale, quello amato da uno dei più grandi geni mai vissuti.

In vista dell’Expo si prevede anche di aprire il giardino segreto alle visite guidate, un’occasione davvero unica per provare la sensazione di passeggiare negli stessi luoghi dove cinque secoli fa Leonardo Da Vinci camminava e si rilassava nel verde nei momenti di pausa tra una creazione geniale e l’altra.

 


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Massimo Polidoro

Scrittore, giornalista e Segretario nazionale del CICAP, è stato docente di Metodo scientifico e Psicologia dell’insolito all’Università di Milano-Bicocca. Allievo di James Randi, è Fellow del Center for Skeptical Inquiry (CSI) e autore di oltre 40 libri e centinaia di articoli pubblicati su Focus e numerose altre testate. Rivelazioni e Il tesoro di Leonardo sono i suoi libri più recenti. Si può seguire Massimo Polidoro anche su FacebookTwitterGoogle+ e attraverso la sua newsletter (che da diritto a omaggi ed esclusive).


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4 risposte

    1. Caro Luca,
      complimenti davvero per la tua opera: la vigna di Leonardo è uno di quegli argomenti che mi affascinano da sempre, leggerò con molto piacere.

  1. Non mi sembra tanto importante la “Vigna di Leonardo” quando ci sono tanti imprenditori come Nino di Masi che tra poco perderà sua impresa che da “ver lavoro” e che un “fiore all’occhiello” perché vende trattori in tutto il Mondo e nessuno fa niente per salvare questa impresa tanto importante per il Sud.

    1. Teresa, è vero, nel mondo ci sono fatti ben più importanti e drammatici della vigna di Leonardo, ma spero sarai d’accordo che parlare di questi argomenti non solo è lecito ma spesso è anche opportuno. La cultura rappresenta infatti un’importante occasione per creare lavoro, soprattutto in un paese come il nostro che di cultura trabocca: forse potremmo addirittura vivere solo di questa se sapessimo sfruttarla meglio. Purtroppo, spesso ce ne dimentichiamo e, dunque, credo sia bene parlarne ogni volta che si può. Senza nulla togliere ovviamente a chi svolge lavori in altri campi e avrebbe certamente bisogno di maggiore sostegno e aiuto da parte di chi può farlo.

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