L’enigma del reduce

Il reduce di guerra

Fara mi scrive: «Il tuo post sulla Guerra Civile Americana e sui falsi autentici mi ha ricordato una specie di indovinello che ho letto tempo fa su Reader’s Digest e che potrebbe essere sottoposto agli aspiranti investigatori come uno dei test di osservazione! Non so essere precisa nei dettagli, purtroppo non ho conservato la rivista (la lettera di cui si parla era composta molto bene), ma la sostanza è quella che ti riporto di seguito:

All’inizio degli anni ’90 una donna si presenta al Ministero della Difesa inglese (ma potrebbe essere anche quello italiano!) e mostra una lettera trovata in casa del bisnonno John Smith in occasione di un recente trasloco. Il bisnonno ha valorosamente combattuto nel corso della guerra 1914/18.

La lettera risale ai primi anni 20 ed è redatta su carta intestata ministeriale autentica dell’epoca. Sono autentici anche l’inchiostro e i timbri che essa contiene. Il documento attesta, fra l’altro, che il Ministero, visti gli atti eroici compiuti da John Smith nel corso della I Guerra Mondiale, gli accorda un cospicuo vitalizio.
Secondo la nipote, però, il bisnonno non ha mai reclamato ne’ riscosso la pensione promessa. E’ morto alcuni anni fa, e la donna intende promuovere un’azione legale affinchè la famiglia possa incassare la cifra che spettava a John Smith, comprensiva di quasi 70 anni di interessi.

L’impiegato sulle prime ritiene che la donna abbia pieno titolo per ottenere il risarcimento: è tutto plausibile e autentico, addirittura il nome dell’ufficiale che in quegli anni firmava tali documenti.
Ad un certo punto però l’impiegato sorride alla donna, si congratula con lei per l’ottima messa in scena e la invita ad andarsene. E’ stata davvero in gamba e non chiamerà la polizia.

La donna, ben sapendo di essere una truffatrice, si allontana ma senza capire in cosa abbia sbagliato. Non è stato facile procurarsi la carta e i timbri dell’epoca (grazie alla complicità di un amico impiegato negli archivi dello stesso Ministero), ma ci è riuscita; il bisnonno ha davvero combattuto in quegli anni; e quindi dove sta l’errore?

Dove sta l’errore? Vediamo chi ci arriva per prima/o…

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0 risposte

  1. Ragazzi ma è più semplice di ciò che pensate! Voi vi siete spremuti le meningi per pensare ad una situazione reale, invece avreste dovuto tener conto che si tratta di un semplice quiz: un problema concepito da una mente umana e quindi plausibilmente impreciso rispetto a certi dettagli che la persona che lo ha concepito ignorava o ha trascurato.
    Ad esempio, il fatto che nel testo sia usata la dicitura I guerra mondiale non è fra virgolette e quindi non è la precisa dicitura della lettera ed il fatto che all’epoca non esisteva un ministero della difesa è un errore fatto da chi ha concepito il quiz perchè si dice chiaramente che timbri e carta intestata erano autentici, anche l’ufficiale che ha firmato era quello in servizio all’epoca. E poi questi sarabbero stati errori troppo grossolani per passare inosservati ad una prima lettura.

    La soluzione è semplice ed è nella psiche della donna che ha presentato la lettera: lei sa che è un falso. Mi spiego, il fatto che una persona presenti una simile richiesta dopo settantanni è una cosa sospetta perchè è strano che il nonno non l’abbia mai ritirata, anche perchè nel dopoguerra c’era certamente bisogno di denaro. Quindi l’addetto ha semplicemente “bluffato” per verificare la buona fede della donna dicendole che la lettera era falsa e la donna sapendo che era falsa se n’è andata, confermando i sospetti dell’addetto.

  2. Forse la donna aveva sulla maglietta la scritta “sono una truffatrice” e l’impiegato se ne è accorto solo alla fine

  3. finalmente trovata la soluzione . o controllato tutti i nomi dei combattenti della guerra e jonh smith non c’e’ , non partecipo’alla guerra . e’ giusto?

  4. Per ros e mefisto.
    Il problema non è – non può essere – nella sussistenza o meno del diritto al vitalizio da parte dei familiari. Può essere solo nella contraffazione del documento, nel fatto cioé che fosse un falso.
    Ciò emerge anche dalla precisazione che il funzionario “non chiamerà la polizia”, lasciando intendere che avrebbe potuto farlo, e che quindi è stato commesso un reato. Il falso è un reato, invece il semplice inoltro di una richiesta per cui non si ha titolo non è un reato: in quel caso semplicemente si va incontro ad un diniego da parte dell’Amministrazione.
    Mi sembra che da tutti i commenti non sia ancora emerso nessun evidente e sicuro errore nella falsificazione del documento.
    Massimo, facci sapere qualcosa…

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