Verso l'isola che non c'è


Ben due nuove spedizioni sono pronte a partire per cercare il leggendario continente di Atlantide: si incontreranno nello stesso punto? Improbabile. Una è diretta sotto il mare, al largo dello stretto di Gibilterra, mentre l’altra punta al deserto del Sahara.
La discrepanza però non deve stupire, per chi si occupa di misteri è la norma. Su questi argomenti, infatti, è difficile, se non impossibile, trovare due “esperti” che la pensino allo stesso modo, così come non si troveranno mai due astrologi che studiando le stesse stelle arrivino a prevedere gli stessi eventi. Siamo nel regno della fantasia e ogni cosa è possibile.
L'idea di Atlantide fu introdotta al mondo oltre 2300 anni fa dal grande filosofo grecco Platone in due dialoghi fantastici, il Timeo e il Crizia. In essi, Platone immaginava Atlantide come un paese tecnologicamente avanzato (per i tempi in cui scriveva lui, non certo per i nostri standard), che aggrediva Atene, la “città perfetta”, e veniva sconfitta. La sua morale era che una società perfetta può prevalere anche quando è attaccata da una nazione dotata di forze militari superiori.
Forse ci furono anche elementi storici che influenzarono Platone nell'invenzione della sua storia. Per esempio, il racconto della distruzione di Atlantide in seguito a un grande cataclisma, avrebbe potuto ispirarsi all'eruzione del vulcano sull'isola di Santorini, nel Mediterraneo, che portò alla distruzione la civiltà minoica di Creta.
« Colui che l’ha creata», si ritiene abbia detto Aristotele a proposito di Atlantide, «l’ha anche distrutta», volendo con ciò sottolineare che l’intera storia era, per l’appunto, frutto della fantasia del suo maestro. Va infatti sottolineato che, a parte il racconto di Platone, non esistono altre fonti, contemporanee o precedenti il filosofo greco, che documentino in qualche modo la reale esistenza di un continente perduto.
Tutte le presunte prove della reale esistenza di Atlantide e, addirittura, le descrizioni della vita quotidiana degli abitanti di questo immaginario paese sono un invenzione recente. Di solito, si fa risalire all'americano Ignatius Donnelly (1881) il “merito” di avere rinverdito il mito di Atlantide che, in seguito, fu arricchito di nuovi dettagli da Madame Blavatsky e dai suoi seguaci per il culto da lei creato, la teosofia.
Da allora sono partite dozzine di spedizioni che hanno cercato Atlantide ovunque, nei mari di Spagna, Francia, Malta, Norvegia, Svezia, Inghilterra, Belgio, America, Groenlandia, Mongolia, Africa, Australia e Sri Lanka. Il fatto che nessun continente si può inabissare improvvisamente come invece narra il racconto e che sui fondali degli oceani non esistono tracce di continenti sprofondati sono informazioni che non hanno mai scoraggiato i custodi del mito che, come si vede, ora si sono messi a cercare la loro chimera anche sotto il deserto.
Lo scrittore L. Sprague de Camp diceva: «La ricerca di Atlantide colpisce le corde più profonde del cuore per il senso della malinconica perdita di una cosa meravigliosa, una perfezione felice che un tempo apparteneva al genere umano. E così risveglia quella speranza che quasi tutti noi portiamo dentro: la speranza tante volte accarezzata e tante volte delusa che certamente chissà dove, chissà quando, possa esistere una terra di pace e di abbondanza, di bellezza e di giustizia, dove noi, da quelle povere creature che siamo, potremmo essere felici…»
Mettersi alla ricerca di un continente mitico, insomma, può rappresentare un'impresa molto romantica e divertente per chi la realizza, ma difficilmente potrà portare alla reale scoperta di qualcosa che non è mai esistito.
L’unica cosa che dispiace è il fatto che molti, oggi, conoscano Platone solo come colui che per primo parlò di Atlantide e dimenticano il genio di un uomo tutt’ora considerato come uno dei più grandi pensatori che il nostro pianeta abbia mai conosciuto.


Massimo Polidoro

(Da: Il Messaggero, 22 dicembre 2003)