Copertina di Elvis è vivo!

Edizioni Piemme, 2006. 431 pag. brossura, €17,90

 



 
 

 

Quante strane storie
Dall'introduzione di Elvis è vivo!


“L’uomo non ha una sola e identica vita;
ne ha molte giustapposte, ed è la sua miseria”

François-René de Chateaubriand


Quel 9 dicembre 1980 ero appena rientrato da scuola e, come ogni giorno, mia mamma aveva già preparato la tavola, mio papà si era già seduto e mia sorella se ne stava allegra a canticchiare nel suo seggiolone. Puntuale, insieme alla pasta fumante in tavola, in TV iniziava il telegiornale. Prima notizia: «John Lennon, l’ex leader del leggendario complesso dei Beatles, è stato assassinato ieri notte con cinque colpi di pistola davanti a casa sua, a New York, da un ammiratore che gli aveva chiesto l’autografo».

Non so perché quella notizia mi colpì così tanto. In fondo ero solo un bambino, dei Beatles avevo sentito parlare, certo, ma conoscevo forse solo She loves you e Help! Di notizie drammatiche, poi, al telegiornale se ne sentivano tutti i giorni. Solo quell’anno un aereo DC9 era misteriosamente precipitato in mare nei pressi dell’Isola di Ustica (81 morti), alla stazione di Bologna era esplosa una bomba (85 morti) e nel terremoto in Irpinia erano morte più di 6.000 persone.

Eppure, il ricordo di quel momento davanti al telegiornale mi è rimasto impresso tanto quanto, qualche mese dopo, le strazianti sequenze, in diretta televisiva da Vermicino, dei tentativi (vani) di salvare Alfredino Rampi, un bambino di 6 anni sprofondato in un pozzo artesiano.

Forse, a colpirmi così tanto era stato vedere le migliaia di persone radunatesi nei pressi del luogo dell’omicidio, e poi le tantissime altre raccoltesi spontaneamente in tutto il mondo, per cantare con le lacrime agli occhi le canzoni di quell’uomo e piangerne la prematura scomparsa. Era chiaro che John Lennon non era stato solo un cantante per tutta quella gente, ma doveva avere significato qualcosa di più importante e di più profondo. Non avevo mai visto una dimostrazione spontanea così imponente per la scomparsa di un personaggio famoso. Nemmeno per lo sfortunato Papa Giovanni Paolo I, che due anni prima, dopo solo 33 giorni di pontificato, era morto per un infarto, si erano mobilitate le folle allo stesso modo.

Ripensare a quel giorno me neha fatto tornare alla mente un altro, un altro ricordo personale. Era estate e non c’era scuola, così con i miei andavamo spesso fuori città la domenica. Mamma avrebbe cullato la mia sorellina al fresco della pineta e papà mi avrebbe preso a cavalluccio sulle spalle per farmi vedere meglio i cavalli che sfilavano al concorso ippico.

Papà era un grande ammiratore di Elvis Presley e nell’auto c’era sempre qualche sua cassetta che girava nel mangianastri. Durante il breve viaggio di ritorno dalla campagna, d’un tratto, mentre Elvis cantava All Shook Up, papà disse: «Ma guarda che ci vuole tutta!»

«Per che cosa?» chiese mamma.

«Oggi ho saputo com’è morto».

«Chi, Elvis?»

«Sì. Ho letto che si è soffocato con un panino farcito da burro di arachidi, formaggio, pancetta, miele e chissà cos’altro!»

Mia madre scosse il capo e poi osservò: «Chissà se è andata davvero così».

Io rimasi sbalordito all’idea di Elvis Presley, che a giudicare dalle foto sulle cassette sembrava avere un fisico invidiabile, che teneva tra le mani un panino gigante, pieno delle cose più improbabili, e che se lo mangiava fino a soffocarsi. Quell’immagine, di Elvis ucciso da un panino immenso, mi rimase scolpita nella memoria. Solo anni dopo, come mia mamma, cominciai anch’io a sospettare che forse non era andata veramente così.

Ma di strane storie sulle morti dei “divi”, o comunque di personaggi famosi, ne avrei sentite ancora tante crescendo. Era vero, per esempio, che Bruce Lee, il re delle arti marziali, era stato ucciso da un colpo segreto di kung fu infertogli da un sicario della mafia cinese? E Marilyn Monroe era stata davvero avvelenata perché aveva una storia con John F. Kennedy che, se fosse divenuta pubblica, avrebbe potuto rovinare la carriera del Presidente americano? E possibile che Luigi Tenco si fosse veramente sparato perché non aveva saputo accettare la squalifica della propria canzone a Sanremo? E Pier Paolo Pasolini era morto per una violenta discussione tra omosessuali o era caduto vittima di un agguato ordito da chi voleva dargli una lezione? E Kurt Cobain, il leader dei Nirvana, si era sparato o qualcuno aveva voluto inscenare il suicidio per toglierlo di mezzo? E com’è possibile che qualcuno dica oggi di conoscere e frequentare Jim Morrison se il leader dei Doors è morto nel 1971? E l’assassino di Lennon era solo un pazzo o era stato “programmato” per uccidere un personaggio che, con le sue prese di posizione politiche, faceva paura a diverse persone? E, sempre a proposito di Beatles, cosa c’era di vero nella voce secondo la quale Paul McCartney sarebbe in realtà morto nel 1966 e sostituito, in gran segreto, con un sosia? Ma, soprattutto, Elvis Presley era poi morto per davvero o aveva solo fatto finta, allo scopo di ritirarsi poi sotto falso nome e potere finalmente vivere tranquillo senza gli assilli della celebrità?

Quante di queste voci erano vere e quante erano solo leggende? L’esperienza raccolta in tanti anni indagando su misteri ed enigmi del passato, così come su crimini e delitti celebri, nel corso degli anni mi ha dimostrato come certe storie, per quanto ripetute, stratificate nella coscienza collettiva e ritenute vere, a un esame non superficiale si rivelavano quasi sempre infondate.

Così, mi sono chiesto che cosa sarebbe successo se avessi applicato gli stessi strumenti di ricerca storico-scientifica anche alle strane morti dei divi.

Innanzitutto, dovevo limitare la mia indagine a quei casi che effettivamente presentavano degli aspetti ancora controversi. Di celebrità morte giovani per motivi futili, oppure in seguito a malattie o a incidenti imprevedibili, ce ne sono state tante: James Dean si schiantò con la sua Porche (nel 1955), Buddy Holly morì in un incidente aereo dove persero la vita anche due altri musicisti, Ritchie Valens e J. P. Richardson detto “The Big Bopper” (1958), Lenny Bruce morì per un’overdose di morfina (1966), Brian Jones dei Rolling Stones affogò nella sua piscina forse perché ubriaco (1969), Jimi Hendrix mescolò alcol e sonniferi (1970), Janis Joplin eroina e alcol (1970), Keith Moon degli Who morì nel sonno per un’overdose di farmaci (1978), Alighiero Noschese si sparò un colpo di pistola nella clinica dove era ricoverato per depressione (1979), Ian Curtis dei Joy Division si impiccò nella cucina di casa sua (1980), Natalie Wood cadde di notte dal suo yacht, forse perché intontita dall’alcol, e affogò (1981), Rino Gaetano morì in un incidente d’auto (1981), John Belushi morì per un’iniezione letale di eroina e cocaina (1982), Grace Kelly ebbe un ictus mentre era alla guida della sua auto (1982), Andy Kaufman morì per una rara forma di cancro ai polmoni (1984), Freddy Mercury fu colpito dall’AIDS (1991), Brandon Lee, figlio di Bruce, morì in seguito a un incidente sul set di un film (1993), Moana Pozzi se ne andò per un tumore al fegato (1994), Mia Martini scomparve per una crisi cardiaca dovuta a farmaci antidepressivi (1995), Michael Hutchence si strangolò forse durante una pratica di autoerotismo (1997), Gianni Versace fu ucciso da un serial killer all’ingresso di casa sua (1997), Lady Diana perì in un incidente d’auto con il suo amante Dodi Al-Fayed (1997), Lucio Battisti morì per una malattia ai reni (1998)…

In tutte queste vicende ci sarebbe da discutere a lungo, non tutto è chiaro e limpido come si vorrebbe e per più di una di queste persone si è detto che la morte non sarebbe stata affatto accidentale o inevitabile. Si è a lungo dibattuto, per esempio, se Brian Jones sia davvero affogato per un incidente o non sia stato piuttosto ucciso da un malvivente. Ci si è chiesti se il suicidio dell’imitatore Alighiero Noschese non fosse per caso legato al fatto che era iscritto alla Loggia P2. Si discute su chi fosse veramente alla guida dell’auto quando Grace Kelly morì, se lei oppure la figlia Stephanie. Ci si domanda se quello dell’attore Brandon Lee sia stato davvero solo un incidente o se qualcuno non abbia magari voluto fargli fare la fine del padre. Si ipotizzano complotti per spiegare la morte della principessa Diana e si vocifera che tanto il comico Andy Kaufman quanto la pornostar Moana Pozzi non sarebbero veramente morti ma, come Elvis e Jim Morrison, avrebbero simulato la propria scomparsa per riuscire a vivere in pace e magari tornare a sorpresa vent’anni più tardi.

Insomma, ci sarebbe di che riempire un’enciclopedia con le vicende e le dicerie relative alla morte di queste e di tante altre celebrità. Non mi potevo occupare di tutti. Dunque, ho limitato le ricerche e le indagini solo a otto personaggi le cui morti, avvenute nel corso degli ultimi 44 anni, presentano, ancora oggi, aspetti poco chiari: Marilyn Monroe (1962), Luigi Tenco (1967), Jim Morrison (1971), Bruce Lee (1973), Pier Paolo Pasolini (1975), Elvis Presley (1977), John Lennon (1980) e Kurt Cobain (1994). Solo otto (più una piccola sorpresa alla fine del libro) perché volevo dedicare a ciascuno uno spazio adeguato per raccontarne la storia.

Non intendevo infatti limitarmi ad affrontare unicamente gli aspetti legali o di Polizia scientifica relativi ai loro decessi. Una scelta di questo tipo sarebbe stata forse interessante per uno studente di medicina forense o per un appassionato di scene del crimine, ma temevo sarebbe risultata troppo impegnativa per il lettore comune.

Di conseguenza, ho deciso che avrei raccontato queste vicende partendo ogni volta dalle circostanze della morte per ricostruire, a ritroso, tutta un'esistenza, fino a giungere al momento fatale. Ritenevo fosse importante conoscere meglio ciascuna di queste persone, capire chi erano e che cos’erano diventate al momento della loro morte. Non mi sarei infatti stupito se, imparando a conoscere l’evoluzione della vita di ogni personaggio, sarebbe stato possibile alla fine capire meglio e, forse in qualche caso, dare un senso anche alla morte.


Massimo Polidoro

(Introduzione di Elvis è vivo!