Diventare scrittori: il salto dal saggio al romanzo

«Massimo, ho notato che mentre riesco a scrivere con una forma accettabile un saggio, ho grossi problemi con la stesura di un romanzo, anche se nella mia testa ho già la storia in mente. Tu che riesci a destreggiarti egregiamente in entrambi gli “stili” avresti qualche consiglio?»

E’ la richiesta che mi arriva da Lorenzo Rossi, serio studioso e curatore del sito Criptozoo.com. Grazie per la domanda, Lorenzo, e per i gentili complimenti. Tra poco rispondo in maniera precisa alla tua richiesta. Ma prima: come si fa a passare da uno stile di scrittura tipico del saggio a una forma completamente narrativa?

Naturalmente, non esiste una formula. Ognuno deve intraprendere la propria strada e procedere per prove ed errori, come in tutte le cose. Saggi e romanzi sono in effetti due mondi diversi, le regole dell’uno non funzionano con quelle dell’altro. Mentre in un saggio si cerca di spiegare ogni aspetto del tema in questione, in maniera chiara e a volte anche ridondante, scrivere un romanzo comporta un approccio totalmente dedicato alla storia, si va per sottrazione, non ci si può fermare troppo a spiegare e non ci si dilunga mai (pena l’affondamento del romanzo).

Tuttavia, credo che guardando all’esempio di tanti grandi autori, e in piccolo a quello che posso avere sperimentato in prima persona in questi quasi vent’anni di lavoro, ecco tre piccoli suggerimenti per cominciare:

1. Studiare la tecnica. E’ evidente che chi desidera avventurarsi sulla strada del romanzo dovrebbe dedicare del tempo a studiarne gli aspetti tecnici. Ebbene sì, anche se molti pensano che scrittori si nasce, così non è. Tutti ricordano la frase di Edison secondo cui: «Il genio è all’1 per cento ispirazione, e al 99 per cento perspirazione». Vale anche per la scrittura. Si potrà pure essere dotati di un talento straordinario, ma se non si posseggono gli strumenti di base per incanalare questo talento in una forma adeguata si farà poca strada. Ci torno tra poco.

2. Cambiare impostazione mentale. Una volta compreso il funzionamento di base della narrazione (e non dico “imparato”, perché la scrittura – almeno per me – è un’arte dove ogni giorno c’è qualcosa di nuovo da imparare: non si finisce mai e si può solo migliorare), occorre cambiare impostazione mentale. I due stili di scrittura, infatti, puntano a obiettivi diversi: il saggio mira soprattutto a informare, meglio se lo fa in maniera piacevole e divertente (ma non è indispensabile), mentre il romanzo dovrebbe puntare a creare emozioni in chi legge.

3. Prepararsi a riscrivere molto. Chi scrive sui giornali o pubblica libri di saggistica spesso lavora in fretta (anche perché certi temi sono attuali oggi, domani chi lo sa), cercando il modo migliore per esporre i fatti, ma senza soffermarsi eccessivamente sulla struttura delle frasi o addirittura sulla scelta delle singole parole. Non significa che il lavoro del saggista sia sciatto, tutt’altro. Ma la qualità della scrittura passa in secondo piano rispetto alla qualità delle informazioni trasmesse. Il narratore, invece, si deve interrogare costantemente sull’effetto che otterranno le sue parole scritte. Costruisce un percorso narrativo che cerca di condurre il lettore verso i sentieri che ha immaginato, sceglie un punto di vista attraverso cui condurre il lettore nel suo mondo, decide il ritmo più adatto e così via. In altre parole, quella che per il saggista può essere una versione definitiva, per il narratore in genere è solo una prima bozza su cui iniziare a lavorare. Forse l’unica vera regola fondamentale del romanzo è che scrivere significa riscrivere.

Sono tutti temi che meriterebbero trattazioni ben più vaste, e su cui inevitabilmente torneremo nei prossimi post. Mi limito a segnalare, a proposito del primo punto, studiare la tecnica della narrazione, che esistono ottimi libri per iniziare. Personalmente, la maggior parte dei testi che ho trovato indispensabili sono in inglese (ci sono anche molte ciofeche, a volere essere sinceri, ma siccome ci sono già passato vi dirò cosa merita e cosa potete evitare). Tuttavia, in italiano esistono ottimi manuali. Ne segnalo (solo) due per ora: uno tradotto, Scrivere un romanzo di Donna Levin (Dino Audino Editore), e uno italianissimo, Gli attrezzi del narratore dell’ottimo Alessandro Perissinotto (BUR). Leggeteli entrambi, non ne resterete delusi.

Per Lorenzo, infine, un suggerimento: se hai già tutta la storia in mente, non metterti a scrivere direttamente il romanzo dall’inizio, altrimenti rischi di trovarti incagliato. Personalmente trovo utile stendere in sequenza i vari punti della storia, occupando una pagina o due in tutto. Frasi brevissime che descrivono le scene importanti nella sequenza in cui le immagino. Prova: scrivi quello che hai, per iniziare, poi vedrai che altre idee su come collegarle ti verranno in mente da sole. E quando avrai una scaletta completa, puoi iniziare a scrivere per davvero.

E ora una domanda per voi: avete esperienza di scrittura (articoli, blog, recensioni…) e vorreste scrivere un romanzo (o un saggio) ma vi siete bloccati? Mi piacerebbe sentire le vostre storie, scrivete qui sotto nello spazio dei commenti. Ne parleremo insieme.


Massimo Polidoro

Scrittore, giornalista e Segretario nazionale del CICAP, è stato docente di Metodo scientifico e Psicologia dell’insolito all’Università di Milano-Bicocca. Allievo di James Randi, è Fellow del Center for Skeptical Inquiry (CSI) e autore di oltre trenta libri e di centinaia di articoli pubblicati su Focus e numerose altre testate. Il suo ultimo libro, scritto con Marco Vannini, è Indagine sulla vita eterna, pubblicato da Mondadori.


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5 risposte

  1. Grazie a te commossoilweb, concordo pienamente circa il tuo parere su On Writing. E ricambio i complimenti, curi un blog davvero utile in questo periodo: più voci ci sono contro i ciarlatani e meglio è per tutti.

  2. On Writing deve essere preso per quello che è. E’ chiaro che non si tratta di un saggio memorabile sulla scrittura in generale. King stesso fa riferimento nel libro ad altre fonti ben più autorevoli di lui (parliamo sempre della lingua inglese) e non lo nasconde di certo.
    Quello che fa però è darne la propria interpretazione. E non si può negare che King sappia narrare, sappia descrivere luoghi e personaggi ma soprattutto, rispetto a certi “miti” del passato (si vedano i continui paragoni in proposito) sa costruire il dialogo. In modo che non sembri recitato da attori da 4 soldi. O falso. O troppo teatrale. Nel romanzo moderno non saper scrivere un dialogo convincente significa scrivere come H.P. Lovecraft. On Writing è utile per queste cose. Un buon dialogo, una buona costruzione…e la lezione più grande che si possa imparare da quel libro: STOP AGLI AVVERBI. Su questa cosa ha ragione al 100%. 😀

    Grazie anche da parte mia per i tuoi consigli, Massimo. Davvero utili.

  3. Assolutamente vero, Mattia. Però “On writing” racconta l’approccio di King al romanzo e, pur contenendo preziose riflessioni, non è un vero e proprio manuale. In ogni caso, è consigliassimo per chiunque scriva.

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