Il paranormale tra verità, imbrogli, fascino

di Marco Cagnotti

Intervista con Massimo Polidoro


Uno spirito curioso: questa è l'immagine che offre di sé Massimo Polidoro. Il vulcanico personaggio ha scelto di dedicare la vita alla soddisfazione della sua curiosità. Che, guarda un po', si è concentrata su quanto di più anomalo esiste. Ecco dunque la sua partecipazione alla creazione del Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale (CICAP). Ed ecco le indagini per scoprire se dietro il paranormale si nasconde un briciolo di verità. Polidoro sarà stasera alle 20.30 nell'Aula Magna dell'USI, in via Buffi, per coinvolgerci in una conferenza-spettacolo nella quale ci mostrerà com'è facile lasciarsi imbrogliare pur credendo di avere tutto sotto controllo.

Una vita per studiare il paranormale. Perché?
«Diciamo una vita all'insegna della curiosità. Ho cominciato con il paranormale perché da piccolo ero rimasto colpito da personaggi come Uri Geller. Poi ho capito che i fatti potevano essere diversi da come mi venivano raccontati. E ho deciso di andare a fondo, aiutato anche dalla passione per l'illusionismo. In seguito la mia indole mi ha spinto oltre, fino a occuparmi anche dei misteri della storia».

Però ha deciso di studiare psicologia.
«Esatto. Perché mi sono accorto che il fatto più interessante era la tendenza delle persone a convincere se stesse, a credere anche al di là di un'indagine razionale».

E l'ha capito?

«Forse sì». (Sorride)

Vedo che fa il misterioso. Non può dirci di più?
«Esistono esperienze reali, che però molte persone ritengono insolite e inspiegabili. E quindi saltano alla conclusione che sono paranormali».

Perciò basterebbe fornire loro una spiegazione razionale.
«Non è così semplice. Alcuni credono nel paranormale anche di fronte all'evidenza contraria. Infatti nel tempo il ricordo dell'evento anomalo si trasforma e lo rende più inspiegabile. Così la convinzione si sedimenta. E a quel punto non c'è più discorso razionale che funzioni».

Del resto, che male c'è nel credere in un aspetto magico della realtà?
«Il pericolo sta nelle conseguenze concrete. Pensiamo ai malati di cancro che rinunciano a una chemioterapia, piena di effetti collaterali ma efficace, per affidarsi a un guaritore, che propone una via più facile ma inutile. La funzione del CICAP consiste nel mettere in guardia. Nel mostrare, insomma, che sulla realtà si può posare uno sguardo razionale. Poi, se qualcuno vuole continuare a credere, è liberissimo di farlo».

Ma non ha mai incontrato un evento paranormale genuino?
«Dipende da che cosa intende. Un fenomeno confermato oltre ogni dubbio io non l'ho mai visto. Né l'ha mai visto nessun altro. Se invece parliamo di fatti insoliti, sui quali le testimonianze sono così scarse da rendere le verifiche impossibili, allora sì, certo, ne conosco tanti. Se qualcuno afferma che sua nonna sapeva volare, che cosa posso dirgli? Niente. Avrei dovuto vedere la nonna volare, controllare che non ci fosse un trucco. Ma il fatto che io possa non avere una spiegazione non significa che la nonna volasse davvero».

Ma che effetto le farebbe scoprire un vero fenomeno paranormale?
«Ne sarei entusiasta. Sarebbe una soddisfazione straordinaria. Ma si rende conto? Passerei la vita a studiarlo. Senza contare che partirei subito per ritirare il Nobel». (Sorride di nuovo)

Insomma, il paranormale non esiste.
«Ehi! Non ho detto questo. Ho detto invece che non ne ho mai visto neppure l'ombra. È diverso».

La curiosità va bene, ma la ricerca di una spiegazione razionale non rischia di togliere mistero e quindi fascino al mondo?
«Mah! Secondo me sarebbe un mondo ben triste se l'unico mistero fosse nei fenomeni paranormali. Sa dove trovo il fascino io? Nell'amore, nell'arte, nella natura. In un cielo stellato...»

(Da: Corriere del Ticino, 11 marzo 2005)