Occhio alle tasche: borsaioli su “Focus”

pickpocket

«Prego, si accomodi da questa parte» dice il prestigiatore mentre fa salire un volontario dal pubblico. «L’aiuto io» e l’orologio dello spettatore è sparito dal suo polso. «Ecco, si metta qui. No, un pochino più indietro, per favore» e la penna si è volatilizzata dal taschino. «La vedo un po’ teso, si sieda qui. Ecco, e si slacci la camicia» e anche la cravatta finisce nelle tasche del mago. Il pubblico applaude divertito e il povero spettatore li guarda perplesso, ignaro di quello che gli sta accadendo. Non è capitato nelle grinfie di un abile cleptomane; piuttosto, è la “vittima” di un numero di “pickpocket”».

Inizia così un mio articolo dedicato al pickpocket, l’arte di “borseggiare” gli spettatori senza che se ne accorgano, che compare sul numero ora in edicola di Focus (n. 186, aprile 2008 – lo stesso su cui compare anche il mio articolo dedicato al 2012). Per l’articolo è stata fondamentale la collaborazione del mago Alexander, che mi ha svelato anche alcune delle tecniche usate dai “veri” borsaioli: quelli che vi svuotano le tasche sugli autobus o al mercato e non si fermano poi per farsi applaudire…

Focus

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2 risposte

  1. Salve, mi chiamo Antonluca Candiano, non sono riuscito a mettermi in contatto via mail con lei (forse per incapacità mia lo ammetto) così utilizzo questo spazio sicuramente inappropriato. Le mando questo messaggio a commento di un suo articolo su Golem l’indispensabile, “prigionieri della superstizione” n.1 gennaio 2003.

    Controllare con un comitato una presunta attività “paranormale” vuol dire riconoscere la possibile esistenza di questa. Spendere risorse per questo “controllo”, che a rigor linguistico se di para-normale realmente si trattasse non avremmo la possibilità di effettuarlo pienamente, risulta poco comprensibile, eppure (sono d’accordissimo) si fa… Io ho ventitre anni, sono studente in psicologia e sono pranoterapeuta, essendo una passione non ci sono soldi in mezzo, ci tengo a dirlo solo perchè ho compreso il suo messaggio.
    Mi spiace di questo scredito totale nei confronti delle medicine alternative. Che poi, alternative a cosa? Se di effetto placebo si deve parlare perfetto, ma che si faccia anche e soprattutto per i farmaci, che non solo spesso ti ingannano, ma anche ti inquinano… esistono centinaia di prove ed esperimenti su questo, non conosco invece effetti collaterali nella pranoterapia, se non il risparmio economico. Potrei creare un’analogia strutturale tra la chiesa e la farmacia. Il fatto poi che la ricerca scientifica sia per lo più finanziata e diretta dalle case farmaceutiche rende tutto ancor più chiaro.
    Naturalmente io parlo di un utilizzo del tutto coscienzioso del metodo. I ciarlatani sono ovunque, anche tra i medici non alternativi… e tutti questi sono realmente da condannare.
    Il fatto che nell’articolo cui mi riferisco, come anche in tanti altri ho notato, si faccia di tutta l’erba un fascio è indicativo di una mancanza di rispetto a priori che non meriterebbe un’azione di risposta, ma sa… l’età è giovane, e il sole della Sicilia infiamma lo spirito. Tra l’altro ho notato una strana incongruenza: in risposta a molte mail lei ha spesso ribadito che il conferimento di un’autorità non toglie il fatto che questa possa comunque sbagliarsi ed essere anch’essa vittima di certe tematiche, verissimo!, ma anche voi in un certo senso rappresentate un’autorità sull’argomento, quindi non capisco dove possa finire il discorso.
    Se rivolgersi a certi metodi può (ne sono consapevole) essere più il sintomo di qualcosa di intimo e caratteriale che altro, lo stesso discorso è da applicarsi nei confronti di chi fugge da questi, forse perchè significherebbe accettare qualcosa di scomodo e che fa paura? A livello ontogenetico e filogenetico? I medici guadagnerebbero di meno? Significherebbe ammettere, onestamente tra l’altro, che forse non possediamo tutti gli strumenti adatti a conoscere tutto?
    Personalmente abbiamo ottenuto discreti risultati, anche in problemi gravi. Certo ciò non ci autorizza affatto a dare garanzie (come in fondo anche la medicina tradizionale), ma la gente spesso si avvicina quando non ha più trovato soluzione per altre vie, diciamo più convenzionali, anche questo indicativo dell’ILLUSIONE OPERATA AUTONOMAMENTE DALLE PERSONE SU SE STESSE. Ma se quella persona guarisce ho notato, non le importa nulla delle voci, delle teorie di un presunto metodo scientifico per misurare qualcosa che di scientifico non è soltanto, ma anche spirituale. Certo c’è chi crede e chi no, ma anche chi dice di credere solo alla scienza in realtà prende una posizione di “credenza”… in fondo questa è nata e nasce con un atto di fede nei confronti di un metodo. Si pensi alle parole di G. Galilei: >, a quelle di Einstein: >, al proposito si faccia riferimento ai numerosi testi di Antonino Zichichi, lui sì un vero e proprio scienziato, riguardo il rapporto tra fede e scienza. Ma c’è da dire che quando ritengo che in ciò che faccio c’è qualcosa di trascendente e spirituale, mi chiedo come potrebbe un metodo scientifico per lo studio dell’immanente pretendere (in base a cosa?) la spiegazione del trascendente. A meno che la validità di una terapia, che è comunque soggetta ad una decisione del tutto personale, intima e quindi necessariamente da rispettare, non si basi esclusivamente sulla norma statistica come nei primi del novecento si faceva per distinguere i sani da quelli che venivano considerati folli…!
    I veri padri della scienza moderna ritenevano importante qualsiasi indizio, senza necessariamente soffermarsi sulla sua possibile reiterabilità su base statistica. La statistica ci aiuta quando la comprensione più profonda ha ormai fallito, come il farmaco (ricordo la sua etimologia greca…) viene in aiuto quando la scienza in questo senso ha ormai fallito. Forse ho esagerato, perdoni il tono provocatorio.
    Se voglio fotografare la realtà devo conoscere in maniera completa una macchina fotografica, se voglio leggere e spiegare un fenomeno scientificamente devo possedere il dominio assoluto, completo, delle scienze. Non credo che il dominio dell’uomo sulle scienze, anzi sarebbe meglio dire su Tutto, sia completo e assoluto, e molti purtroppo confondono un progresso (anche questo opinabile a seconda dei punti di vista) scientifico generalmente inteso con quello tecnologico. Ciò basterebbe a pretendere rispetto per ogni indizio (che non sia però inganno ci mancherebbe, come tutti bisogna credere nel rispetto e nel buon senso). In fondo si cresce con la favola del big bang, nessun medico mi ha mai spiegato esattamente cosa sta prima e dopo le cose viventi, non sappiamo nella sua essenza cosa sia l’elettricità…
    Dico insomma che forse un incontro tra due diversi tipi di medicina potrebbe rivelarsi proficuo, interessi lobbistici a parte; faccio un esempio banale: se il tumore è ormai in stadio avanzato operati chirurgicamente, ma invece di utilizzare la chemio utilizza la pranoterapia, utilizzala per prevenire certi stati di malattia… Forse una tecnica di meditazione, simile per altro al training autogeno che la psicologia contempla, è chiedere troppo a certa gente che colma la mancanza di autostima con la ricerca di situazioni complesse mi rendo conto… Ad ogni modo esistono approcci piuttosto scientifici allo studio di queste discipline, tra i tanti quello della scienziata Barbara Ann Brennan, fisico per anni presso il Goddard Space Flight Center alla Nasa e psicoterapeuta, che introduce in uno dei suoi libri “Mani di luce”.
    Quando parlo di queste cose spesso faccio una domanda come premessa al discorso (non è originariamente mia, la prendo in prestito): una cosa per essere vera deve essere credibile? Molta gente crede di si, in realtà scientificamente non vi è alcuna necessità di correlazione.
    Non faccio il divulgatore e non m’importa farmi notare, per di più il nostro piccolissimo centro non accetta alcuna forma di offerta o pagamento, motivi per cui non ho esigenza di farmi pubblicità, il mio intervento solo per farle sentire una voce tra quelle che lui nel suo articolo ha definito “nuove generazioni”, capaci invece di decidere autonomamente, senza seguire alcuna “autorità”, ma la logica del rinforzo al risultato positivo di un’azione.
    Spero mi risponderà presto.
    Distinti saluti Antonluca Candiano

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