La morte di Pasolini: quando la verità ufficiale non convince

Sapete che diffido delle teorie della cospirazione, soprattutto quelle molto complesse, piene di variabili, dove però ogni cosa sembra funzionare come un orologio svizzero. Questo però non significa prendere per oro colato le “versioni ufficiali” di qualunque fatto misterioso, anzi.

E un caso dove la verità ufficiale non riesce a convincere in pieno è quello relativo alla morte di Pier Paolo Pasolini, verificatasi esattamente 40 anni fa.

Ne ho scritto ampiamente nel mio libro Elvis è vivo! (Piemme, 2006), ormai da tempo fuori catalogo (ma per gli interessati, alcune copie con un titolo diverso sopravvivono nel bookshop del CICAP).

Brevemente, questi sono i fatti.

Nella notte del 1 novembre 1975, il regista, scrittore e poeta Pier Paolo Pasolini fu massacrato di bastonate e travolto con la sua auto sulla spiaggia dell’idroscalo di Ostia. L’omicidio fu attribuito al diciassettenne Pino Pelosi, uno dei tanti ragazzi di strada presso cui Pasolini spesso cercava compagnia. Pelosi fu condannato a nove anni e sette mesi di carcere per omicidio volontario.

Troppi elementi, però, facevano pensare che l’esile Pelosi difficilmente avrebbe potuto avere la meglio su Pasolini, anche esperto di arti marziali. L’ipotesi più probabile, sin dal tempo del primo processo, è che il poeta sia caduto vittima di un agguato, l’ennesimo linciaggio, non più solo giornalistico, che per tutta la vita aveva dovuto subire questo intellettuale scomodo, comunista e omosessuale.

A sostegno dell’ipotesi che non fu una sola persona a uccidere Pasolini, sono arrivate anche le tracce di Dna diverse da quello di Pelosi rinvenute sui vestiti di Pasolini. Il caso è stato riaperto nel 2010 dopo la denuncia del cugino del poeta, Guido Mazzon.

Al di là delle versioni su come andarono le cose quella notte, più volte modificate e ritrattate dallo stesso Pelosi, sono proprio le tracce genetiche trovate nel sangue presente sugli abiti di Pasolini a raccontare che quella sera forse c’erano altre persone.

Ma perché Pasolini doveva morire? Equilibrata mi sembra la risposta che a questa domanda ha dato Walter Veltroni, l’ex sindaco di Roma che decise per la costituzione in parte civile del Campidoglio nel processo Pasolini:

«Io non sono un complottista. Ma tra questo e l’accontentarsi di una verità ufficiale non credibile c’è una via di mezzo nella quale vorrei collocarmi… Non so rispondere a questa domanda. E credo che nessuno sia ora in grado di farlo. Sono possibili mille teorie. Ma io so, a questo punto, che Pelosi non era solo. Che c’erano altre persone con lui. Che un uomo forte, atletico e allenato come Pasolini mai si sarebbe fermato di fronte all’aggressione di un solo ragazzo». Walter Veltroni

Tuttavia, all’inizio del 2015, la Procura di Roma ha definitivamente archiviato le indagini, poiché le tracce di Dna sui vestiti dello scrittore sono risultate di impossibile attribuzione e impossibili da collocare temporalmente, se durante il delitto o prima di questo.

E voi, che opinione vi siete fatti, se ne avete una, sulla fine di Pasolini?


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Massimo Polidoro

Scrittore, giornalista e Segretario del CICAP, è stato docente di Metodo scientifico e Psicologia dell’insolito all’Università di Milano-Bicocca. Allievo di James Randi, è Fellow del Center for Skeptical Inquiry (CSI) e autore di oltre 40 libri e centinaia di articoli pubblicati su Focus e altre testate. Rivelazioni e Il tesoro di Leonardo sono i suoi libri più recenti, mentre Il passato è una bestia feroce è il primo thriller di una nuova serie. Si può seguire Massimo Polidoro anche su FacebookTwitter, PeriscopeGoogle+, Instagram e attraverso la sua newsletter (che dà diritto a omaggi ed esclusive).


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3 risposte

  1. La morte di Pasolini è sospetta per due diversi aspetti: il primo, quello che hai evidenziato tu e di cui lungamente si è parlato, riguarda le dubbie circostanze della morte per quello che attiene quanto emerso dal procedimento contro Pelosi.
    Sono assolutamente daccordo sulle tue considerazioni e non ho altro da aggiungere.
    In secondo luogo, la morte di Pasolini è oltremodo sospetta e viene difficile ricondurla al gesto inconsulto di una sola persona, considerando la campagna d’odio, inusitata nella sua violenza, che era stata montata nei suoi confronti sia a mezzo stampa che attraverso aggressioni vere e proprie.
    Pasolini era evidentemente un bersaglio, è impossibile non tenerne conto nel valutare le circostanze della sua morte.
    Una chicca: il collettivo Wu Ming (@Wu_Ming_Foundt) sta twittando (tweetando?) parecchio sull’argomento; in questo momento non riesco a mandarti il link, comunque tanto per ribadire la prestanza fisica del nostro, uno dei loro tweet riporta una foto del rotocalco di destra “Lo specchio” tratta da un articolo che esalta l’aggressione di Pasolini da parte di tale Serafino di Luia.
    Nella foto si vede chiaramente che Di Luia è quello che le prende. 🙂

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