Trovata la casa di Jack lo Squartatore?

Jack lo squartatore viveva a Flower and Dean Street, malfamata via nel quartiere di Whitechapel, a Londra, poi distrutta nel corso dei bombardamenti dell’ultima guerra. E’ l’ipotesi proposta dal criminologo canadese Kim Rossmo e da Steve Le Comber, della Queen Mary, University of London.

Utilizzando le più recenti tecniche di profilazione geografica e partendo dalla posizione delle cinque vittime dello Squartatore, Rossmo e Le Comber ritengono che il serial killer vittoriano viveva proprio in Flower and Dean Street, nell’East End londinese. Mariano Tomatis, tempo fa, aveva elaborato un programma per spiegare il funzionamento del “geographic profiling” di Rossmo, scopritelo qui.

Un'immagine di fine 800 di Flower and Dean Street

Quella strada era così malfamata da essere conosciuta come “the wicked quarter mile” (il malvagio quarto di miglio), una baraccopoli di bordelli, fumerie d’oppio e dormitori. Oggi Flower and Dean Street, che si trovava appena fuori Brick Lane, a Whitechapel, non esiste più dopo essere stata bombardata durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma era citata nei rapporti di polizia originali nel corso delle indagini sullo Squartatore e indicata come la “strada più ripugnante e più pericolosa di tutta la metropoli”. Forse un’indicazione che i detective del tempo la ritenevano un possibile covo per lo Squartatore.

Una mappa di fine ottocento: la linea viola indica Flower and Dean Street, i tre puntini rossi i luoghi in cui furono uccise tre delle vittime dello Squartatore (cliccare per ingrandire).

«Tutte le vittime hanno vissuto molto vicino a Flower and Dean Street» ha detto Rossmo pochi giorni fa parlando al Cheltenham Science Festival. «L’ultima vittima fu a meno di un isolato di distanza raccogliendo un cliente, probabilmente il suo ultimo cliente, forse proprio lo Squartatore. Due vittime, Catherine Eddowes ed Elizabeth Stride, furono uccise nella stessa notte, il 30 settembre 1888. Il grembiule di Eddowes fu scoperto nei pressi di Goulston Road, accanto a un messaggio, che si ritiene scritto dallo Squartatore, che diceva: «Gli ebrei non sono uomini che saranno accusati senza colpa».

Rossmo sostiene che una linea tracciata tra la posizione dei corpi delle vittime e il grembiule sembra suggerire che lo Squartatore si stava dirigendo verso Flower and Dean Street. «Sembra che fosse sulla strada di casa» ha detto Le Comber.

Il dr Kim Rossmo.

La tecnica funziona perché la maggior parte dei criminali opera in luoghi prevedibili, di solito non troppo lontano dalla casa, dalla famiglia o dal posto di lavoro. Tuttavia creano anche una “zona cuscinetto” intorno alle loro abitazioni dove non commettono reati. Il modello insomma riesce a prevedere con una buona approssimazione dove essi vivono.

Il sistema è stato già usato per rintracciare lo stupratore seriale Clive Barwell ed è stato impiegato dalla polizia anti-terrorismo (sul blog di Mariano trovate link utili sulla vicenda).

L’ipotesi di Rossmo e Le Comber è indubbiamente suggestiva, anche se risulta ormai impossibile verificarne la bontà. Essendo stata bombardata, tanto la strada quanto la possibile abitazione dello Squartatore, non esistono più. Tuttavia, è plausibile che ora i tanti studiosi e “appassionati” che ancora si dedicano al delitto possano mettersi sulle tracce di antichi censimenti e verificare nome per nome chi viveva a Flower and Dean Street. Sospetti ce ne saranno in abbondanza, considerato quanto era malfamata la via, ma chissà che non spunti qualche nome già entrato nelle indagini su Jack lo Squartatore.

Per approfondire il geographic profiling e altri usi interessanti della matematica nell’indagine criminale suggerisco la lettura dell’ottimo libro di Mariano Tomatis, Numeri assassini (Kowalski).

Per quel che riguarda la storia di Jack the Ripper, di cui ho avuto modo di occuparmi più volte, torneremo a parlarne prossimamente.

Ci sono altri misteri criminali del passato che vi incuriosiscono e su cui vorreste sapere di più?

 


Massimo Polidoro

Scrittore, giornalista e Segretario nazionale del CICAP, è stato docente di Metodo scientifico e Psicologia dell’insolito all’Università di Milano-Bicocca. Allievo di James Randi, è Fellow del Center for Skeptical Inquiry (CSI) e autore di oltre quaranta libri e di centinaia di articoli pubblicati su Focus e numerose altre testate. Il suo nuovo libro, dedicato a complotti e segreti svelati, uscirà il 1° luglio per Piemme. Si può seguire Massimo Polidoro anche su FacebookTwitter e Google+.


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2 risposte

  1. Sarebbe interessante fare un’analisi a ritroso. Come ha fatto Mariano Tomatis con i suoi ristoranti preferiti vedere se i casi di omicidi seriali risolti rispettano i principi dell’analisi geografica (immagino che un’opera di taratura del metodo sia già stata fatta..). Un caso che mi incuriosisce è quello del Boggia a Milano, ma qui (azzardo) non mi pare sia un serial killer spinto da pulsioni sessuali deviate ma da un interesse più economico. Altra cosa che mi chiedo….magli schemi di ragionamento di un serial killer moderno sono applicabili anche ai casi più antichi? (con le ovvie incertezze legate ai dati meno precisi).

    1. Un altro caso interessante legato all’analisi geografica è quello di Peter Sutcliffe, lo “squartatore dello Yorkshire”, di cui sempre Mariano parla qui: http://www.marianotomatis.it/index.php?page=page&id=NA_GeographicProfiling2

      Per Boggia, invece, come dici tu si trattava di omicidi a sfondo economico, non inquadrabili in quello delle pulsioni omicide dei serial killer.

      Interessante invece la tua riflessione: per certi aspetti, come quelli su cui si basa il geographic profiling, verrebbe da pensare che sia ieri che oggi gli assassini seriali cerchino di allontanare il più possibile da sé le tracce, pur colpendo in zone non troppo distanti da casa. Come il caso del mostro di Firenze (vedi l’analisi relativa alla vicenda sotto l’aspetto del geographic profling condotta da Fabio Barbafina: http://bit.ly/1ubgB0b).

      Chiederò comunque un parere a chi si occupa di profiling e torneremo presto sul tema.

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