Le 10 regole di scrittura del grande Elmore Leonard

Elmore Leonard è stato uno degli autori americani di noir più incredibilmente prolifici, uno scrittore capace come pochi di conciliare successo e qualità letteraria e che fino all’ultimo (è morto a 87 anni, nel 2013) ha continuato a sfornare grandi libri.

Nel 2001 il New York Times gli chiese di sintetizzare in 10 regole i principi che lo guidavano nella sua scrittura così asciutta e straordinariamente efficace. Questo è quanto ha scritto Leonard…

Se anche non avete letto i suoi libri (potete rimediare partendo da Tishomingo Blues e magari da una raccolta di racconti come Quando le donne aprono le danze, entrambi per Einaudi) di sicuro lo conoscete per alcuni dei film che grandi registi hanno tratto dai suoi libri, come Jackie Brown, Get Shorty, Out of Sight, Quel treno per Yuma

Celebri sono i suoi dialoghi. Stephen King, nel suo On Writing, definisce Leonard il miglior dialoghista di sempre. E si potrebbe continuare ancora a lungo a tesserne le lodi. Ma come si diceva, oggi lo vogliamo ricordare per il suo “decalogo” dedicato a chi scrive.

«Queste» dice Leonard nell’introduzione «sono le regole che ho raccolto strada facendo e che mi aiutano a restare invisibile quando scrivo, mi aiutano a mostrare piuttosto che a raccontare ciò che accade nella storia. Se hai facilità di linguaggio e di immaginazione e ti piace il suono della tua voce, allora l’invisibilità non è ciò che vai cercando e puoi saltare queste regole. Oppure, potresti leggerle lo stesso».

1. Mai iniziare un libro parlando del tempo. Se è solo per creare atmosfera, e non una reazione del personaggio alle condizioni climatiche, non andrai molto lontano. Il lettore è pronto a saltare le pagine per cercare le persone. Alcune eccezioni. Se ti capita di essere Barry Lopez, che conosce più modi di un eschimese per descrivere il ghiaccio e la neve nel suo Sogni Artici, puoi fare tutti i bollettini meteo che vuoi.

2. Evita i prologhi: possono irritare, soprattutto quelli che seguono un’introduzione che viene dopo una prefazione. Queste sono cose che di solito si trovano nella saggistica. In un romanzo, un prologo è un antefatto, e puoi metterlo dove ti pare. C’è un prologo in Quel fantastico giovedì di Steinbeck, ma va bene perché lì c’è un personaggio che centra esattamente ciò di cui parlo in queste regole. Dice: “Mi piacciono i dialoghi in un libro, e non mi piace che nessuno mi dica com’è il tizio che parla. Voglio immaginarmelo dal modo in cui parla”.

3. Nei dialoghi non usare altri verbi tranne “disse”. La battuta appartiene al personaggio; il verbo è lo scrittore che ficca il naso. Almeno, “disse” non è invadente quanto “borbottò”, “ansimò”, “ammonì”, “mentì”. Una volta notai che Mary McCarthy aveva chiuso una battuta con “asserì” e dovetti smettere di leggere e prendere un dizionario.

4. Non usare un avverbio per modificare il “disse”. Usarlo in questo modo (o in qualsiasi altro modo) è un peccato mortale. Così lo scrittore si espone troppo, usando una parola che distrae e che può interrompere il ritmo dello scambio. In uno dei miei libri si raccontava di un personaggio che era solito scrivere storie d’amore d’ambientazione storica “piene di stupri e avverbi”.

5. Tieni i punti esclamativi sotto controllo. Ti è permesso di usarne non più di due o tre ogni 100.000 parole. Se poi sei incline a giocare con i punti esclamativi come Tom Wolfe, puoi aggiungerne a manciate.

6. Non usare mai “improvvisamente” o “s’è scatenato l’inferno”. Questa regola non richiede una spiegazione. Ho notato che gli scrittori che usano “improvvisamente” tendono ad avere meno controllo nell’uso dei punti esclamativi.

7. Usa dialetti e slang con moderazione. Una volta che cominci a compitare foneticamente le parole nei dialoghi e a riempire le pagine di apostrofi, non sarai più in grado di fermarti. Nota come Annie Proulx cattura il sapore delle sonorità del Wyoming nella sua raccolta di racconti Distanza ravvicinata.

8. Evita descrizioni dettagliate dei personaggi, come faceva Steinbeck. In Colline come elefanti bianchi di Ernest Hemingway come sono “l’Americano e la ragazza che era con lui”? “Si era tolta il cappello e lo aveva messo sul tavolo”. Nel racconto, questo è l’unico riferimento a una descrizione fisica.

9. Non dare troppi dettagli descrivendo posti e cose, a meno che tu non sia Margaret Atwood e sia in grado di dipingere con le parole. Non vuoi descrizioni che portino l’azione – il flusso della storia – a un punto morto.

10. Cerca di omettere le parti che i lettori tendono a saltare. Pensa a cosa salteresti leggendo un racconto: fitti paragrafi che trovi abbiano troppe parole.

Riconoscete queste regole nella vostra scrittura? Ce n’è qualcuna che vi riesce particolarmente difficile da mettere in pratica? Parliamone…

 


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Massimo Polidoro

Scrittore, giornalista e Segretario del CICAP, è stato docente di Metodo scientifico e Psicologia dell’insolito all’Università di Milano-Bicocca. Allievo di James Randi, è Fellow del Center for Skeptical Inquiry (CSI) e autore di oltre 40 libri e centinaia di articoli pubblicati su Focus e altre testate. Rivelazioni e Il tesoro di Leonardo sono i suoi libri più recenti. Il 3 marzo 2015 uscirà per Piemme il suo primo thriller: Il passato è una bestia feroce. Si può seguire Massimo Polidoro anche su FacebookTwitterGoogle+ e attraverso la sua newsletter (che dà diritto a omaggi ed esclusive).


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15 risposte

  1. Penso che siano solo delle “cavolate”. Ognuno ha il proprio stile e predilige porre le cose a proprio modo, come un pittore che ha la sua particolare visione e tipo di pennellata. Sta a come però le si propongono. Ci sarebbero mille esempi per smontare queste “regole”. Alla fine non si può piacere a tutti (basta leggere le recensioni di qualsiasi libro che passano dalla stella alle 5), ma si tenta di piacere ai più.
    da “scrittore” mi sento di dire che basta essere se stessi, in fondo scriviamo per noi prima che per gli altri giusto?
    Ciao
    Ps si mi piacciono le virgolette ^^

  2. Sono capitata qui nel leggere tutti gli speciali su Umberto Eco e, naturalmente, ho letto con attenzione tutte le regole (e bisognerà che le studi accuratamente!).
    Comunque ora, dopo aver letto la regola 1, capisco perché il notissimo capolavoro che iniziava con “Era una notte buia e tempestosa…” è stato rifiutato da tutti gli editori! 😀

  3. Su questo tema, mi permetto di segnalare questi tre miei articoli, che possono essere complementari alle 10 regole di scrittura di Elmore Leonard:
    ► Introduzione allo scrivere un tema {Nicola Martella}: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Scrivere-OiG.htm

    ► Come analizzare uno scritto {Nicola Martella}: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Analizzare_scritto_Mds.htm

    ► Consigli su come fare una recensione {Nicola Martella}: http://puntoacroce.altervista.org/Rez/0-Fare_recensione-1.htm

  4. Ciao Massimo,
    se lo conosci cosa ne pensi del libro “Come NON scrivere un romanzo”? Gli autori partono dal presupposto che secondo loro non esistono regole vincenti da seguire che siano universali per ogni scrittore, ma che di sicuro ci sono una serie di cose che impediscono a un romanzo di essere pubblicato.
    Non posso dire se possa essere o meno utile come strumento per un aspirante scrittore perché non ho esperienza in fatto di romanzi, ma sicuramente ho riso dall’inizio alla fine perché spiega i concetti in modo molto divertente.

    1. Conosco il libro, è vero è divertente. Ma in sostanza spiega lo stesso tipo di regole, anche se in forma “negativa”. Si può decidere o far finta che non servono regole o linee guida per scrivere e abbandonarsi a ciò che passa per la mente, ma poi non ci si deve stupire se gli editori non pubblicano testi scritti in questo modo…

  5. E’ curioso che molti bravi scrittori infrangano spesso e volentieri queste (splendide) regole. James Lee Burke fa cominciare alcuni romanzi col meteo, e Joe R Lansdale con cappelli introduttivi da sbadiglio.

      1. Concordo! Infatti entrambi scrivono grandi romanzi. Ma gli incipit di Leonard… tutti bellissimi. Aggiungo Freaky Deaky alla lista dei consigli 😉

    1. Come ogni regola, del resto 😉 Però è uno sforzo che va fatto, se si vuole migliorare la propria scrittura. Per quel che mi riguarda, ho trovato che l’unico modo in cui posso cercare di applicare questo tipo di regole è sottoponendo il testo a una serie di riletture “mirate”: una volta si fa il check sugli avverbi che possono essere scappati, una sui “disse” nei dialoghi e così via. Certo, richiede tanto tempo e tanto lavoro. Come ogni cosa fatta bene. Per “Il passato è una bestia feroce”, il mio nuovo romanzo, ho dato alle revisioni una lettera dell’alfabeto: la versione che è andata in stampa è quella che corrisponde alla lettera “U”.

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