Un cavaliere medievale dovendo andare in battaglia e mise la cintura di castità alla moglie. Ma siccome aveva paura di morire in guerra e non tornare, decise di affidarne la chiave al suo migliore amico, di cui si fidava ciecamente.
Quindi partì, ma dopo solo un’ora di viaggio sentì un veloce galoppo alle sue spalle. Si fermò ed era il suo amico: «Fermati, fermati: mi hai dato la chiave sbagliata!»
Questa barzelletta, che ho sentito raccontare dallo storico Alessandro Barbero a proposito delle cinture di castità, oltre a far sorridere mette bene in evidenza l’incongruenza di uno strumento simile.
Secondo la tradizione l’uso delle cinture di castità, fasce metalliche flessibili in grado di coprire i genitali e poi chiuse con lucchetti, risalirebbe ai tempi delle Crociate, quando i cavalieri in partenza per il Santo Sepolcro volevano assicurarsi la fedeltà delle proprie mogli durante la loro assenza.
Studi recenti, però, sembrano escludere che tali strumenti siano stati realmente utilizzati nel medioevo.
Innanzitutto, c’è un problema di igiene: anche se la classica cintura prevede piccole aperture per l’espletazione dei bisogni fisiologici, ferite, infezioni e di conseguenza morte sarebbero sopraggiunte in tempi molto rapidi.
Inoltre, è plausibile che prima di partire i cavalieri si accoppiassero con le proprie mogli, magari con la speranza di trovare un bambino al loro ritorno. È evidente che la presenza di una cintura di ferro avrebbe impedito il parto. Senza contare l’obiezione più semplice: qualunque serratura medievale poteva essere aperta da un fabbro in pochi secondi.
Al di là di queste incongruenze logiche, però, a suggerire che quella delle cinture di castità medievali sia in realtà una leggenda c’è il fatto che non esistono autentiche cinture databili al medioevo.
Le prime cinture di castità a fare la loro comparsa, infatti, sono quelle che finiscono nei musei intorno al 1840.
Al Museo d’arte medievale di Cluny a Parigi, per esempio, fino a poco tempo fa si poteva ammirare una cintura che si diceva fosse appartenuta a Caterina De Medici. Fu solo nel 1990 che i responsabili del Museo si accorsero che si trattava di un falso del XIX secolo.
Anche un altro esemplare simile, esposto al British Museum di Londra e a lungo indicato come risalente al XVI secolo, è stato di recente datato alla metà dell’800 e tolto dalle esposizioni.
Quasi tutti i musei che le conservavano e le attribuivano a epoca medievale, hanno oggi corretto i loro cataloghi per indicarne la fattura recente o l’origine fraudolenta.
Un mito, insomma, quello delle cinture di castità, che fa il paio con lo “ius primae noctis”, il presunto diritto del signore feudale di trascorrere la prima notte di nozze con la moglie del suo servo della gleba. Una leggenda di cui parleremo in una prossima occasione.
Massimo Polidoro
Scrittore, giornalista e Segretario del CICAP, è stato docente di Metodo scientifico e Psicologia dell’insolito all’Università di Milano-Bicocca. Allievo di James Randi, è Fellow del Center for Skeptical Inquiry (CSI) e autore di oltre 40 libri e centinaia di articoli pubblicati su Focus e altre testate. Rivelazioni e Il tesoro di Leonardo sono i suoi libri più recenti. Il passato è una bestia feroce è il primo thriller di una nuova serie: il secondo si intitola Non guardare nell’abisso e arriva il 21 giugno 2016. Segui Massimo anche su Facebook, Twitter, Periscope, Instagram, Pinterest, Telegram e la sua newsletter (che dà diritto a omaggi ed esclusive). Per invitarmi a tenere una conferenza scrivete qui.
3 risposte
Caro Massimo, ricordi la canzone di De Andrè (Carlo Martello ritorna dalla Battaglia di Poitiers) …”chi poi impone alla sposa soave di castità la cintura ahimè grave.ecc.” Io, ragazzino di Liceo, mi chiedevo come fosse possibile per una donna sopravvivere con oggetti metallici che costringono i visceri. Senza parlare poi delle barzellette liceali, sulle cinture che custodivano solo la parte anteriore. Ma il nostro Prof. di Storia, il repubblicano Bonfiglioli, per quanto Laico e Positivista, ci disse che era un luogo comune nato con l’ Illuminismo che il Medioevo fosse stata l’ epoca più brutta e oscurantista. Quale Medio Evo, poi? Dura un mille anni buoni!
https://www.youtube.com/watch?v=5ZFbFyyFICs
Ottimo articolo. C’è un libro specifico in cui il prof. Barbero analizza la questione?
Forse “Dietro le quinte della storia”, scritto con Piero Angela.