Le linee di Nazca: un “culto del cargo”?

Durante la seconda guerra mondiale, aerei merci americani scaricavano sulle isole del Pacifico cibo, indumenti, tende e attrezzi per rifornire i soldati. Alla fine della guerra, gli isolani che avevano in parte beneficiato di quei doni tentarono di fare tornare gli aerei (i cargo), costruendo false piste d’atterraggio, aerei di bambù e aeroporti di cocco e paglia. Questa forma di rituale magico-religioso prese il nome di “Culto del cargo” (cargo cult).

Ebbene, secondo alcuni l’idea del cargo cult spiegherebbe anche i celebri disegni di Nazca, in Perù. Le lunghissime linee e i giganteschi disegni di animali sarebbero infatti, secondo costoro, un tentativo degli antichi peruviani di fare tornare “astronauti preistorici” con i loro doni. Alcuni invece  ritengono che sarebbero stati gli stessi astronauti, evidentemente extraterrestri, a tracciare i disegni, visibili solo dall’alto.

Il "ragno", una delle più famose figure di Nazca. Al termine di una zampa del ragno, si notano le due possibili linee di ingresso e uscita.

L’idea è intrigante, ma come sempre dà per scontato che il “fenomeno misterioso” (in questo caso i disegni sulla piana di Nazca) se non è immediatamente comprensibile per l’uomo contemporaneo allora non può avere spiegazione, oppure deve essere qualcosa al di là della portata dei comuni mortali e, pertanto, è necessario immaginare l’aiuto di qualche forza extraterrestre.

In realtà, è stato accertato e documentato (da parte mia ne do ampiamente conto nel mio Grandi misteri della storia, per esempio) che i disegni di Nazca furono con ogni probabilità realizzati, circa 2000 anni fa, dagli stessi antichi peruviani per scopi rituali e forse astronomici. L’ipotesi più intrigante è quella secondo cui i disegni fossero in realtà “sentieri” rituali, forse labirinti, che andavano percorsi da un capo all’altro.

Se li si osserva attentamente, infatti, si scopre che tutti i disegni sono realizzati con un unica linea continua, non ci sono interruzioni. Inoltre, si nota che ogni animale presenta un particolare che non ha nulla a che vedere con l’anatomia della creatura rappresentata: in ciascuno c’è una doppia linea a un’estremità. Ebbene, date queste caratteristiche, se si cammina entrando da una delle due linee ci si ritrova a percorrere tutto il contorno dell’animale per uscire, alla fine, dalla seconda linea. Secondo tale ipotesi queste due linee rappresenterebbero l’ingresso e l’uscita per queste figure che, di conseguenza, furono realizzate per essere percorse, attraversate magari in fila indiana, come durante una processione.

Quanto alle difficoltà di realizzazione, è plausibile che gli antichi Nazca abbiano dapprima realizzato disegni in scala ridotta, poi riprodotti ingranditi sul terreno con l’aiuto di un opportuno reticolato di corde, come ha dimostrato nel 1983 il caro amico Joe Nickell, ricercatore americano del Center for Skeptical Inquiry. Se volete approfondire, trovate qui il resoconto completo di come Nickell riuscì a riprodurre il disegno del condor lungo 150 metri.

Ci sono altri misteri dell’antichità che vi incuriosiscono e su cui vorreste saperne di più? Segnalatemeli, ne parlerò nei prossimi post.

 


Massimo Polidoro

Scrittore, giornalista e Segretario nazionale del CICAP, è stato docente di Metodo scientifico e Psicologia dell’insolito all’Università di Milano-Bicocca. Allievo di James Randi, è Fellow del Center for Skeptical Inquiry (CSI) e autore di oltre quaranta libri e di centinaia di articoli pubblicati su Focus e numerose altre testate. Rivelazioni, il suo nuovo libro dedicato a complotti e segreti svelati, uscirà il 1° luglio per Piemme. Si può seguire Massimo Polidoro anche su FacebookTwitter e Google+.


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